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Tutti gli articoli sulle versioni popolari di Cappuccetto rosso
Perché riferirsi a pratiche agrarie per cercare di spiegare miti e riti religiosi? Questa è una seria domanda. Ma la risposta potrebbe essere semplicemente una ulteriore domanda: Perché non servirsi delle pratiche agricole per spiegare miti e riti religiosi? Ma per quanto riguarda la religione romana la risposta più convincente è che nella religione arcaica dei Romani non c'è secondo la maggoranza degli studiosi una visione mitico-religiosa dovuta ai sacerdoti.
Infatti presso i Romani per un certo tempo l'ufficio e la funzione sacerdotale competono al capo politico o sociale del gruppo(famiglie, tribù, esercito, stato). Questi provvede legittimamente a invocare gli dei, ad adempiere alle incombenze cultuali, a presentare sacrifici. Solo alla fine della Monarchia sorse la figura del Rex Sacrorum. Ed ancora nel periodo repubblicano i magistrati dei diversi gradi(consoli, pretori, questori, edili ecc.) agiscono sacerdotalmente, e in periodo di guerra il ruolo di sacerdoti e sacrificatori viene assunto dai dittatori e dai capi militari(da Alfonso Di Nola, Enciclopedia delle religioni, religione romana). Ma in fondo che tipo di attività svolgevano anche le famiglie patrizie, al di fuori dell'attività politica e dell'attività guerresca? La risposta viene dalla storia di Cincinnato (Lucius Quinctius Cincinnatus 520 a.C. circa - 430 a.C.), console nel 460 a.C. e due volte dittatore, nel 458 a.C. e nel 439 a.C. , ma anche agricoltore, e personaggio storico ricordato da Tito Livio che lo definisce come ultima speranza per l'autorità del popolo romano (Ab Urbe condita III,26). Ma gli storici non ricordano solo Cincinnato(della famiglia dei Quinctii, cioè di coloro che come confraternita partecipavano ai Lupercalia) come uomo politico e quindi anche personalità che rivestiva il ruolo sacerdotale, ma altri consoli e uomini politici e militari di Roma notoriamente dediti all'agricoltura: Curio Dentato, Fabrizio, Attilio Serrano, Licinio Stolo, Catone il Censore(vedi Schiarimenti e note alla Storia Universale di Cesare Cantù, capitolo Vita privata dei Romani).
Non credo bisogna procedere oltre per associare l'agricoltura, insieme alla pastorizia, alla religione romana come suo sostrato culturale. Il dio Fauno è nel contempo Signore degli animali, sia di quelli selvaggi, sia di quelli addomesticati, inoltre sembra il regolatore della vita vegetale. Mentre la sua compagna Fauna o Bona Dea sembra una figura connessa alla pianta, che uccisa, maltrattata, frustata, non muore, ma risorge a nuova vita. Anche il dio Marte era considerato protettore dei campi e degli armenti.
Un dato importante che induce a ritenere che le divinità femminili, e quindi della natura, delle piante, dei campi, delle messi, avessero grande considerazione nella religione dei Protolatini, sta nel fatto che gli dei vengono spesso venerati in coppia, come per esempio Ianuus e Ianua, Fauno e Fauna, Giove e Giunone, Liber e Libera. E nelle invocazioni a queste coppie divine non risulta affatto preponderanza ne per la divinità maschile, ne per quella femminile, tanto che vengono usate le espressioni: sive deus sive dea es, oppure sive mas sive femina(Alfonso Di Nola, ibidem).
Che la religione romana e quindi la base civile della civiltà romana poggi le fondamente sull'agricoltura si desume piuttosto chiaramente dal mito di fondazione di Roma in cui Romolo tracciò il solco all'interno del quale doveva sorgere la città con un aratro tirato da bovini(Plutarco, in Vita di Romolo, riferisce che gli animali usati fossero appositamente un toro e una vacca). Poiché Remo saltò forse per burla il solco, fu ucciso, in quanto quel confine era diventato sacro, non superabile impunemente. Proprio questo senso di appartenenza alla città fondata doveva unire fortemente tutti i suoi abitanti a combattere contro coloro che volessero scavalcare il muro di cinta della nuova città. Infatti si tramanda che Romolo, al colmo dell'ira, avrebbe ammazzato il fratello aggiungendo queste parole di sfida: Così, d'ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura"(Livio, I, 7 - traduzione di G. Reverdito). Per agire in cotal maniera Romolo era senza dubbio, prima che un capo militare, anche un'agricoltore. E nella religione arcaica romana non poteva mancare un dio dei confini e dei passaggi come Ianus.
Continua...
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